La Comunità Europea ha dato voce, nel mese di Marzo, ad una situazione evidente nell’ultimo anno: il Covid ha fatto emergere in modo preponderante diseguaglianze nel trattamento tra uomini e donne[1].
Le donne sono state le più colpite dalla pandemia sotto il profilo lavorativo e familiare.
Dal rapporto appena pubblicato da Istat, in collaborazione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Inps, Inail e Anpal, dal titolo “Il mercato del lavoro 2020”, emerge come le donne, in percentuale doppia rispetto agli uomini, abbiano perso il loro posto di lavoro nel corso dell’anno.
Inoltre, se tra i settori e le posizioni più colpite già nel primo lockdown figuravano proprio quelle femminili, dopo un anno non si è ancora ristabilita una pseudo parità, con le posizioni femminili che continuano a scendere più di quelle maschili.
Le donne che non risultano essere state immesse nella sfera lavorativa sono più del 26%, mentre gli uomini si aggirano intorno al 20%, con una media di 100 giorni per poter trovare un lavoro.
Partendo da una situazione di discriminazione già non facile, la pandemia ha posto le donne di fronte alla scelta tra lo stare a casa (per seguire i figli o i parenti non autosufficienti) o rimanere al lavoro, cercando comunque di trovare una soluzione per gestire questi ultimi, senza contare il rischio intrinseco della malattia dovuta al Covid.
È importante sottolineare anche che, di quelle che sono rimaste sul luogo di lavoro, la maggior parte ha svolto lavori con elevata criticità nella pandemia attuale: ad esempio, circa il 76% di tutta la popolazione lavorativa impiegata nel settore sanitario è formato da donne.
Le donne sono sovra-rappresentate nei servizi essenziali rimasti aperti durante la pandemia, che vanno dalla vendita, all’assistenza, all’infanzia: in tutta l’Unione Europea le donne rappresentano circa l’82% di tutte le persone addette alle casse e il 95% delle persone impiegate nei lavori domestici e assistenziali (badanti, baby sitter, …).
Insomma, la pandemia ha colpito in modo diretto moltissime categorie di donne nella loro qualità di lavoratrici.
Sarebbe ipocrita citare il solo Covid come causa della discriminante esistente nel modo lavorativo, ma sicuramente lo stesso ha accentuato una situazione già presente e notevolmente compromessa.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha quindi posto l’accento sulle donne e sul loro posto nel mondo del lavoro, introducendo alcuni punti fermi su questo tema.
Il PNRR si propone di:
- introdurre nuovi meccanismi di reclutamento nella PA e di revisione delle opportunità di promozione alle posizioni dirigenziali di alto livello, finalizzate a garantire pari opportunità sia nell’ambito della partecipazione al mercato del lavoro, sia nelle progressioni di carriera;
- prevedere misure dedicate al lavoro agile nella Pubblica Amministrazione per una migliore gestione della vita privata familiare;
- potenziare e ammodernare l’offerta turistica e culturale, con l’obiettivo di avere un impatto occupazionale su settori a forte presenza femminile come quello alberghiero, della ristorazione, delle attività culturali;
- definire un piano di asili nido per avvicinare la percentuale di copertura, attualmente pari al 25,50%, alla media europea, pari al 33%;
- potenziare i servizi educativi dell’infanzia (3-6 anni) ed estendere il tempo pieno a scuola;
- potenziare il nuovo Fondo per l’imprenditoria femminile, già previsto dalla Legge di Bilancio 2021 ma non ancora operativo;
- definire un sistema nazionale di certificazione della parità di genere per incentivare le imprese ad adottare policy adeguate a ridurre il divario di genere;
- valorizzare le infrastrutture sociali e creare percorsi di autonomia per disabili, con effetti indiretti sull’occupazione tramite l’alleggerimento del carico di cura non retribuita che grava spesso sulla componente femminile della popolazione;
- rafforzare i servizi di prossimità e di supporto all’assistenza domiciliare.
Se da una parte queste misure vanno nella direzione dell’aiuto e del sostentamento della figura femminile, dall’altra però si trascura nella vita familiare la presenza della figura maschile: strumenti basilari come il congedo parentale a lungo termine rimangono ancora una possibilità molto poco concreta nel nostro Paese.
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[1] Articolo: L’impatto di Covid-19 sul lavoro delle donne in cinque punti di Cristiana Da Rold